EMO FOMICHI E LA SUA ARTE
Oggi vi portiamo con noi a fare una chiacchierata con Emo Formichi
per conoscerlo meglio non solo come artista, ma anche come persona. Abbiamo
avuto la fortuna di intervistarlo “a distanza” grazie al prezioso aiuto di un’altra
artista: Raffaella Zurlo che, conoscendo il maestro in prima persona, si è
offerta di fare da tramite tra noi ed Emo. Entriamo subito nel vivo dell’intervista:
Qual era il suo sogno da bambino?
Il mio sogno da bambino era di diventare grande, perché da
grandi pensavamo di raggiungere molti obiettivi. Eravamo quattro amici,
giocavamo sempre insieme, anche con mio cugino. A quell’epoca dovevo guardare i
maiali, le pecore, andare nei campi, lavorare, era un altro modo di vivere.
Qual è il suo concetto di arte e qual è il messaggio che vuole trasmettere con le sue opere? Ogni opera ha un suo messaggio o tutte hanno un unico messaggio?
Per me arte significa creare, significa lasciare qualcosa della mia vita in questo mondo. Molte persone mi chiedono quale sia l’opera che apprezzo di più e io rispondo che è come se tutte fossero i miei figli, dunque, in un modo o nell’altro, hanno tutte il proprio significato, il proprio valore.
C’è un luogo della Val D’Orcia che l’ha ispirata particolarmente?
La Val D’Orcia è tutta bellissima, ma siccome ho lavorato in
una draga sul fiume per più di trent’anni, ho preso ispirazione da esso. In
particolare, dal tratto più bello, quello sotto al Castello di Spedaletto.
Maggiormente, nella mia arte mi ha ispirato la natura, con cui prendevo
contatto nelle mie giornate. In particolare, ho creato molte opere prendendo
spunto dagli uccelli che vedevo: a quell’epoca venivano gli aironi grigi e le
anatre reali.
Dato che ha lavorato per più di trent’anni in una draga, ci può descrivere la sua giornata tipica da dragatore?
La giornata tipica di un dragatore era molto lunga perché mi
alzavo tutte le mattine alle 5:00 e tornavo la sera alle 20:00. Era dura perché
si doveva cercare il materiale migliore per essere lavorato. Ci sono tante cose
e tutte non si possono descrivere.
C’è un evento che l’ha colpita più di tutte in quelle giornate ed in quegli anni?
L’evento che mi ha colpito più di tutti è la nevicata
dell’85. Dopo venne una pioggia che sciolse tutta la neve e che portò giù per
il fiume pezzi di macchine… sembrava come un diluvio.
Dove trova gli oggetti di scarto per le sue opere e quali tipi di materiali preferisce?
I materiali di scarto li trovavo nelle sfasciacarrozze:
vedevo l’oggetto e mi immaginavo già la scultura che sarebbe potuta venire
fuori. Purtroppo, oggi non si può più cercare niente, perché non si può entrare
da nessuna parte senza le autorizzazioni. Ho un po’ di materiale, continuo ad
utilizzare quello. Gli oggetti che ho utilizzato maggiormente sono marmitte,
motori, ma anche il tubo di scappamento di una Vespa, con cui ho fatto un
beccaccino.
Qual è stata la prima scultura che ha realizzato e quale quella che l’ha messa più in difficoltà?
La prima scultura che ho realizzato è l’anatra, che ho fatto
con il motorino del MI-VAL. A quell’epoca portavano gli scarti che trovavano,
ad esempio dai contadini, e quella volta portarono un motorino. Io ci vidi
questa scultura, ma la tenni lì qualche anno prima di realizzarla. Una scultura
che mi ha messo in difficoltà è stata il Cristo: la individuai in un tubo di
scappamento del BMW, però gli dovetti dare una forma di sofferenza e questo mi
mise un po’ in difficoltà.
Come arriva a realizzare l’idea che ha avuto inizialmente? Cambia in corso d’opera l’idea, o arriva fino alla fine?
Generalmente quello che ho pensato e visto con gli occhi,
viene realizzato in quel modo. Poi, qualche piccola trasformazione nel
compimento dell’opera può arrivare. Ad esempio, il Pinocchio l’ho ottenuto con
un pezzo di legno e, siccome ho fatto anche il falegname, mi ritengo quasi un
Geppetto.
Ogni opera ha la sua storia?
Sì, ad esempio quando ho fatto il Parlamento con tutti
quei tubi delle seminatrici che sembrano serpenti, l’ho intitolato il
Parlamento perché è proprio così. Mentre la creavo, mi è venuta in mente anche
una poesia di Elio Pecora che dice che tutti vogliono raggiungere i propri
obiettivi.
C’è un’opera a cui è più legato?
Come ho detto, le mie opere sono le mie creature,
quindi non posso fare distinzioni tra di loro: è come se le facessi tra un
figlio e un altro. Voglio a tutte bene.
Ci racconta un episodio a lei caro che le è successo a Pienza?
Non mi ricordo un episodio preciso, perché noi alla nostra
epoca ogni cosa che avveniva veniva sempre ben accettata e vista come uno
sviluppo della società.
Che rapporto ha con la sua famiglia e come vivono la sua passione?
La vivono con una grande soddisfazione e meglio di così non
si può avere il rapporto con la mia famiglia. Per me la famiglia è la
continuazione della vita.
Ha sempre avuto l’idea di creare sculture, o è una passione che è nata col tempo?
È una passione che nasce fin da quando ero bambino. Quando
ero bambino creavo gli zoccoli ai minatori, i camioncini, i trattori, tutto
questo per divertirsi. Quindi ho sempre avuto la voglia di creare, perché la
creatività è la cosa più bella del mondo.
Quando è nata la passione per fare sculture?
Nel periodo in cui andavo al fiume, dove ogni giorno vedevo
molti animali e uccelli, mi è venuta per questo la passione. Riuscivo a vedere
nei pezzi meccanici, quello che potevo realizzare. Avevo 40 anni circa quando
ho creato le mie prime opere.
Se avete altre curiosità, commentate nel box qui sotto!
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