Memoria e Resistenza - L'Eccidio di Monte Maggio

 Uno degli eventi che con maggior dispiacere va ricordato è l’eccidio di Montemaggio. Due diversi distaccamenti di partigiani trovarono rifugio presso una casa di contadini sulle pendici del Montemaggio, casa Giubileo, oggi diventata un centro didattico, legato senza dubbio alla documentazione della Resistenza, ma anche ad aspetti naturalistici del territorio. Essa presenta gigantografie scattate da operatori francesi durante la liberazione di Siena, bandiere di brigate partigiane e anche una mostra che ripercorre tutta la lotta armata nella Valdelsa. In un’altra stanza è possibile invece assistere ad una video testimonianza di Vittorio Meoni. I gruppi di partigiani presero prigionieri un ufficiale tedesco e il capitano della milizia forestale, con lo scopo di scambiarli con detenuti politici che si trovavano reclusi nel carcere di Siena. La mattina del 28 marzo 1944 però, i fascisti circondarono casa Giubileo, intimando ai partigiani di arrendersi.

I partigiani provarono in un primo momento a rispondere al fuoco, ma capirono quasi subito la differenza di forze in campo e decisero di arrendersi in modo tale da avere salva la vita. I partigiani furono però bloccati e radunati fuori dalla casa, gli furono fatte togliere le scarpe per poi essere fucilati. Uno di questi, Vittorio Meoni, nonostante una ferita molto grave causata da un proiettile che gli aveva trapassato un polmone, riuscì a fuggire. Gli altri diciannove furono invece fucilati e morirono lì, in località la Porcareccia, dove oggi risiede un monumento per la loro memoria. Meoni, l’unico sopravvissuto, quando fu intervistato raccontò:

Quando arrivammo alla Porcareccia, era già pronto il plotone di esecuzione, con una mitragliatrice e con i fascisti armati di mitra. Ci fu ordinato di mettersi a sedere per terra. Ci fu ordinato di levarsi le scarpe e fu in quel momento che noi comprendemmo che ci sarebbe stata la fucilazione. Alcuni di noi gridarono di non ucciderci, qualcuno invocò anche la mamma. Però da parte del maresciallo fascista che doveva azionare poi la mitragliatrice ci fu detto che non c’era più misericordia e quindi era chiaro che sarebbe iniziata la fucilazione. Fu in quel momento che io mi alzai e raggiunsi il bosco e, passando davanti a un milite che era a guardia del viottolo che immetteva dentro al bosco, mi sparò una raffica di mitra che mi colpì con un proiettile al polmone. Io riuscii a proseguire la corsa per un certo tratto del bosco, poi mi ci vollero alcune ore per raggiungere faticosamente i limiti del bosco e rifugiarmi in una casa di contadini a Certino, che è un gruppetto di case di Montemaggio”.

 Casa Giubileo

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