Memoria e Resistenza - La leggerezza della libertà

Il sole era già alto ed essendo una giornata estiva, iniziava a far caldo. Un viandante, nel completo silenzio, interrotto solo dal cinguettio dei merli, camminava ormai da ore percorrendo la via Francigena in direzione della Val d’Orcia e, ormai stanco, decise di fare una sosta a Colle di Val d’Elsa.

Una volta arrivato, si sedette all’ombra, ai piedi del monumento dedicato ai caduti della Seconda Guerra mondiale e bevve un sorso d’acqua, per poi chiudere gli occhi e assopirsi. Venne risvegliato poco dopo dalle voci di due colligiani che al bar vicino stanno bevendo un caffè.

“No, ti dico che non è vero, dai, non dirmi che credi a questa storia, si racconta ai bambini!” affermò uno dei due a voce piuttosto alta.

“Ti dico che è vera!”. Ribatté l’altro.

“Ho forti dubbi…”

I due vennero poi interrotti da un cameriere, che divertito, chiese “Posso sapere a quale storia vi riferite?” Così, uno dei due lo invitò a sedersi, e cominciò a raccontare.

“Ragazzo, tu sai chi era Vittorio Meoni?” questo scosse la testa. “Vittorio Meoni è stato l’unico sopravvissuto all’Eccidio di Montemaggio. Devi sapere che durante la Seconda guerra mondiale, i fascisti riuscirono a raggiungere Casa Giubileo, alla Porcareccia, dove due distaccamenti di Partigiani si erano rifugiati dopo un’azione clandestina, in tutto erano diciannove. Passarono lì la notte ma, all’alba furono costretti ad uscire e furono fucilati uno ad uno…”

“Tranne Meoni!” Lo interruppe l’altro.

“Non aver fretta” proseguì l’oratore “Meoni aveva solo ventidue anni, ma era un ragazzo molto furbo, non gli sfuggiva mai niente. Pensa che fu catturato e torturato nel carcere di Murate, ma riuscì a scappare e tornare a Colle! Insomma, anche quella mattina riuscì a fuggire, rifugiandosi nel bosco. Un proiettile gli perforò un polmone, ma lui corse finché non trovò un passante che poi lo portò in ospedale”.

Il ragazzo sembrava interessatissimo alla storia e, anche il viandante, ormai incuriosito, tese l’orecchio. L’uomo continuò “Passò qualche settimana e Vittorio, piano piano, si riprese, la ferita guarì e lui tornò in azione. Una notte, mesi dopo, era di ritorno da un’azione clandestina e nel completo silenzio, iniziò a sentire una voce. Inizialmente non vi prestò la minima attenzione, ma questa si faceva sempre più chiara e forte e le parole pronunciate erano pian piano più nitide. Qualche minuto dopo non aveva dubbi sul fatto che lo stessero chiamando ma, quello che lo lasciò senza parole fu capire chi fosse a farlo: Emilio Busini”.

Il giovane cameriere sembrava confuso, ma non fece in tempo ad aprir bocca che il vecchio signore lo anticipò, rispondendo alla sua domanda ancora non posta “Sì, ragazzo. Emilio fu uno di coloro che vennero uccisi a Montemaggio. Anche Vittorio, inizialmente, pensò di avere un’allucinazione, ma poi le voci divennero due, poi tre e così, fu come se fosse tornato assieme ai suoi vecchi compagni. Loro erano lì, nonostante non riuscisse a vederli. Vittorio non riusciva a credere alle sue orecchie, e tutt’oggi, come si convinse, io non ve lo so dire. So però che decise di ascoltare le voci dei suoi amici, che continuavano a ripetergli di recarsi lungo le sponde dell’Elsa. Erano insistenti, questo è vero, e poi facevano confusione, perché non erano capaci di stare in silenzio quando parlava qualcuno, perciò si sovrapponevano tutti, rendendo la situazione ancora più assurda. Nonostante questo, Vittorio si incamminò verso il fiume, fermandosi ogni tanto per chiamare gli altri compagni del distaccamento. Quando arrivarono, restarono senza parole.

Proprio lì, fermo sulla sponda sinistra del fiume, vicino alla cascata, c’era un carro armato. Sì, avete capito bene, un carro armato tedesco. Meoni ed i compagni iniziarono ad interrogarsi su cosa farne, finché le voci che lo avevano accompagnato e che, lungo la strada si erano fatte più deboli, si ripresentarono. Non ci volle molto a capire cosa proponessero, l’indicazione era chiara: gettare il carro armato nel fiume. Solo Meoni però poteva sentirle, così propose l’idea ai suoi compagni. Chiaramente, come potrete immaginare, solo il pensiero sembrava insensato, nessuno dei presenti credeva di poter non solo spostare un carro armato, ma farlo addirittura precipitare in un fiume! Tuttavia, Vittorio insistette, fino ad arrivare quasi a supplicarli di seguire le sue indicazioni, tanto che i compagni si decisero a seguirlo nella sua impresa, nonostante i convinti fossero davvero pochi.

Si posizionarono lungo il carro armato ed iniziarono a spingerlo, mettendoci tutta la forza che avevano in corpo. Chiaramente, quest’ultimo non si mosse di un centimetro, ma Vittorio non si perse d’animo e continuò ad urlare ai suoi compagni di spingere ancora più forte: strinse gli occhi e, con tutte le sue forze che aveva si gettò sul carro armato che, d’improvviso, parve più leggero. Fu allora che accadde: la cascata divenne altissima e le voci, che fino a quel momento avevano continuato a sovrapporsi per incitare i compagni, sfumarono in una lieve brezza, che in pochi secondi si trasformò in un potente vento. Fu proprio questo che, come per magia, sollevò il carro armato da terrà e lo spinse giù per la cascata. La caduta sembrò durare secoli, il tonfo fu così forte che chi abitava nei dintorni fu svegliato. Poi, tutto tornò alla normalità, come se niente fosse successo. Vittorio ed i suoi compagni, increduli, provarono a raccontarlo, ma nessuno gli ha mai creduto. Si dice che il carro armato sia sempre rimasto lì, nascosto dalla bellezza della cascata”.

Il viandante a quel punto, incuriosito dalla storia, decise di ripartire, ma solo dopo aver fatto una sosta sulle sponde del fiume: camminò per qualche minuto, fino a quando non vide la cascata ed ebbe la sensazione di essere arrivato al punto descritto dai due. Essendo quasi ora di pranzo, il sole era alto così decise di fare il bagno proprio in quel punto e, dopo essersi tolto i vestiti, si gettò nell’acqua limpida. La voglia di immergersi più in profondità fu forte, così prese quanto più fiato possibile e si spinse verso il fondo, ma quando provò ad aprire gli occhi tutto era sfocato.

Quando tornò a galla vide una figura in riva alla cascata, si avvicinò per cercare di delinearne meglio i tratti, ma il volto era coperto da un cappello. Tuttavia, il viandante riuscì ad intravedere gli occhi e a notare che la figura seduta aveva le iridi di due colori diversi.

La figura prese parola “Cerca qualcosa?”

“Oh no” Rispose il viandante “Ho sentito che sul fondo del fiume dovrebbe esserci un carro armato…” e, mentre pronunciava queste parole notò un sorriso comparire sul volto del suo interlocutore.

Quest’ultimo rispose a sua volta “Sì, conosco la leggenda del carro armato, chissà se è vera!” poi si alzò e, in pochi minuti, scomparve tra gli alberi.

Il viandante si rivestì e riprese il suo viaggio verso la Val d’Orcia, imbattendosi per caso in un monumento dedicato a Vittorio Meoni, che si fermò ad ammirare. Poi notò un dettaglio, a lato una una foto ritraeva Vittorio, sorridente, sereno, ma soprattutto, con le iridi di due colori differenti. Il viandante, sorpreso, riprese il suo cammino, ma non senza essersi ripromesso di tornare alla ricerca del misterioso carro armato.

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