Una giornata nel IX secolo
Una giornata nel IX secolo
di Elena Roggi
Domenica
9 ottobre 2018 ore 10:47
-Ciao Matte, sono Tommaso, ti volevo chiedere se nel pomeriggio vuoi venire al cinema con me? Mia mamma ha detto che ci accompagna al Politeama e poi entriamo da soli!-
-Perche?-
-I miei genitori vogliono portarmi all’Archeodromo, oggi c’è un evento di Living History…-
-Ah capisco Matte, mi dispiace, sarà per la prossima volta.-
-Va bene, grazie per l’invito, ci vediamo lunedì a scuola.-
La telefonata si era appena conclusa e Matteo si sentiva ancora più avvilito rispetto a quando era cominciata… In fondo aveva già 10 anni, non era più un bambino piccolo! Tutti i suoi amici erano già stati al cinema da soli almeno una volta, avevano già provato quell’emozione mista ad un pizzico di paura nel ritrovarsi da soli in sala, con i soldi per i pop-corn gelosamente custoditi nella tasca dei pantaloni e con l’assoluta certezza che non sarebbero mai andati al bagno per paura di rimanere chiusi dentro. Invece lui aveva dovuto dire di no al suo migliore amico Tommaso e rinunciare a questa piccola grande avventura… Era molto arrabbiato con mamma e papà che lo costringevano ad andare all’Archeodromo, non si sentiva capito…
Ore 15:42
Matteo e i suoi genitori erano appena arrivati all’Archeodromo, esattamente in cima alla collina di Poggio Imperiale. Era un bellissimo pomeriggio di ottobre, il sole splendeva nel cielo, senza neppure una nuvola a disturbarlo.
Matteo era abbastanza confuso… Marco sembrava una persona molto interessante, ma intendeva parlare di storia, che era comunque un argomento molto noioso… Intanto pensava a Tommaso al cinema e a quanto avrebbe voluto essere con lui…
Il gruppo s’incamminò, guidato dal Dottor Valenti, lungo un sentiero in terra battuta. Matteo se ne stava in fondo, un po’ in disparte. Non voleva dare l’impressione ai suoi genitori che in realtà si stesse divertendo. Arrivati in cima alla collina, il ragazzo iniziò a scorgere dei tetti in paglia, poi delle intere capanne, un recinto con un orto, un piccolo pollaio e poi anche delle persone, addirittura dei bambini come lui! – Benvenuti nel villaggio carolingio! – Disse Marco. Seguì una breve spiegazione del villaggio e dei suoi abitanti, ora rappresentati dai suoi colleghi archeologi e dai loro figli. Non era il solito tour tra le rovine, che poi a lui erano sempre sembrati solo sassi sparsi qua e là, di un qualche villaggio di centinaia di anni fa. Qui la cosa si faceva interessante… poteva osservare da vicino e vivere una giornata nel villaggio medioevale… forse anche meglio del cinema! La vita sembrava scorre tranquilla con tutti gli abitanti impegnati nelle loro attività, e lui, insieme agli altri, poteva visitare le capanne, provare le attività del tempo come cuocere il pane nel forno, forgiare un pugnale o produrre oggetti in cuoio.
Tutto stava andando per il meglio quando improvvisamente Matteo sentì delle gocce. “Uffa, inizia a piovere proprio adesso che stavo iniziando a divertirmi…” Il ragazzo alzò d’istinto gli occhi al cielo, ma mai si sarebbe immaginato di vedere una cosa simile: il cielo era completamente rosso e dei grossi nuvoloni gialli erano proprio sopra la sua testa. Allungò una mano per raccogliere qualche goccia di acqua piovana… anche questa era di uno strano rosso. Qualcosa non andava… la ricostruzione storica messa in scena dagli archeologi era certamente molto realistica, ma non potevano aver inscenato anche un temporale! E poi non aveva mai sentito dire di temporali rossi e gialli, neppure nel IX secolo! La prima cosa che gli venne in mente fu di mettersi al riparo, così individuò la capanna più vicina e vi corse dentro.
Il temporale si faceva sempre più violento, la pioggia sempre più insistente: aveva paura, non poteva negarlo! Matteo chiuse gli occhi, si rannicchiò in un angolo il più lontano possibile dalla porta, sperando solo che la tempesta cessasse il prima possibile.
Improvvisamente riaprì gli occhi, non seppe quanto era passato, se un minuto, un’ora, un giorno o un anno, ma il temporale si era finalmente calmato. Uscì dalla capanna, alzò lo sguardo per controllare: niente più cielo rosso e nuvole gialle, al loro posto uno splendente sole. Uscì per andare a cercare i suoi genitori, ma appena fuori gli parve di notare qualcosa di diverso….
Il villaggio era sicuramente lo stesso, riconosceva la Longhouse di cui gli aveva parlato Marco, la fornace e anche il pollaio. Tuttavia c’erano molte capanne che prima non c’erano. Che le avessero costruite durante il temporale era impossibile pensò. Si guardò un altro po’ intorno e notò molte persone… ma erano tutti abitanti del villaggio carolingio!
I suoi compagni di visita erano magicamente spariti, e lo stesso era accaduto ai suoi genitori! Il panico lo assalì: il cuore batteva all’impazzata nel suo petto, il fiato si fece più corto e iniziò ad ansimare. Girovagando per il villaggio, e osservando le persone, non riconosceva nessuno. Poi ad un tratto scorse un volto familiare: era Marco!
Solo vedendolo in lontananza si sentì rincuorato; gli corse incontro chiamandolo a gran voce:- Marco, Marco! – Ma l’uomo non sembrava rispondere… Arrivatogli accanto Matteo gli tirò il mantello, e questo finalmente si girò: - Che cosa vuoi ragazzino?-
-Sono Matteo, stavo facendo la visita all’Archeodromo con te prima del temporale… ma cosa è successo? Dove sono i miei genitori?-
- Ragazzino non so chi tu sia, ma io non conosco nessun Archeodromo, né tantomeno i tuoi genitori.-
- Ma allora chi sei? E dove siamo ora? –
- Io sono Razo e sono il dominus di questo villaggio. Sono di origine transalpina e ho ottenuto questo possedimento sulla collina per sostentarmi, mantenendo anche le armi ed il cavallo che necessito quando il re Carlo Magno, come ogni primavera, mi convoca per le spedizioni di guerra. –
In un attimo Matteo capì tutto. Si trovava ancora sulla collina di Poggio Imperiale, ma in un’epoca completamente diversa. Lo strano temporale rosso e giallo doveva aver in qualche modo alterato il corso del tempo facendolo tornare improvvisamente dal 2018 al IX secolo. “Sto vivendo un’avventura leggendaria” pensò subito. La paura era comunque tanta, ma la voglia di esplorare e conoscere gli abitanti del villaggio ancora di più.
Razo sembrava un tipo simpatico e disponibile e soprattutto non sembrava essersi accorto che il ragazzo venisse dal futuro. – Buongiorno Razo io sono Matteo, e vengo da un villaggio molto lontano. Mio padre è il Signore di Fiesole e mi ha mandato in veste di ambasciatore. Vorrei visitare il tuo villaggio e conoscere i tuoi coloni.-
Razo sembrò rifletterci un attimo… non aveva in programma visite di ambasciatori e doveva supervisionare la forgiatura della sua nuova spada… ma in fondo lui amava raccontare storie, e farsi amico il figlio del Dominus di Fiesole poteva tornargli molto utile.
-Ma certo Matteo, sarò ben lieto di accompagnarti tra la mia gente e mostrarti il mio villaggio.-
Ce l’aveva fatta! Matteo era al settimo cielo! Il terrore provato fino a qualche instante prima era stato sostituito da un’immensa curiosità.
Iniziarono la loro visita dalla Longhouse, la casa di Razo, che era in tutto e per tutto identica a quella vista nell’Archeodromo solo pochi minuti prima, o centinaia di anni dopo, nel 2018: questo restava un mistero.
Nella
parte nord-ovest della capanna incontrarono un uomo alto, con la barba molto
folta e le mani piene di calli, intento a ravvivare un fuoco insieme a una
donna e a due bambini. Razo si affrettò subito a presentarlo: - Questo è Bodo,
il mio miglior contadino! Oltre a coltivare l’orto si occupa anche nel fuoco.
E’ sposato con Ermetrude, la tintrice. Raccoglie personalmente le bacche nel
bosco e crea dei pigmenti per colorare i nostri mantelli. Questi ragazzi sono i
loro figli Wilbo e Gerberto. Devono avere più o meno la tua età, e sono molto
in gamba! Prenderanno il posto di loro padre come miei servitori quando lui non
ci sarà più.-
Matteo
era senza parole. Stava facendo veramente la conoscenza degli abitanti del
villaggio carolingio, altro che ricostruzione di Living History!Razo e Matteo uscirono dalla capanne e si immersero nuovamente tra la gente mentre uno squisito profumo si diffondeva nell’aria.
– Cos’è questo buon odore Razo?-
– Ma è semplice! E’ l’odore del pane che prepara il nostro cuciniere, Garipaldo!-
I due si avvicinarono ad un focolare, dove un uomo con una lunga tunica bianca era intento a preparare del pane con dei testi. A fianco, dentro un pentolone, bollivano carne di maiale e verdure.
– Salve straniero, io sono Garipaldo! – Disse il cuciniere porgendogli un pezzo di pane ancora caldo e del maiale ancora fumante.
– Grazie, ma non posso accettare - rispose il ragazzo – se io mangerò la vostra carne non ne rimarrà abbastanza per la gente del villaggio .– Razo allora si affrettò a rassicurarlo: - Mio caro Matteo, questa carne è soltanto per me e la mia famiglia. I miei coloni si nutrono solo di ciò che produce il loro orto. – Convinto dalle parole di Razo, Matteo addentò la succulenta pietanza. Un tripudio di sapori gli esplose in bocca. Non aveva mai mangiato in vita sua niente di più gustoso. “Garipaldo cucina meglio di mia mamma” pensò…
Attorno alla forgia c’era un gran via vai di gente, chi portava i materiali, che ravvivava il fuoco e chi batteva il metallo con grossi mazzuoli. A capo di questa vivace schiera sembrava esserci un uomo con uno strano grembiule di cuoio.
Gli occhi di Razo brillavano d’orgoglio e volle subito presentarlo: - Questo è Bledo, il nostro fabbro più esperto, nonché capo della forgia. –
-Salve ragazzo- disse l’uomo. Matteo era rimasto talmente affascinato dal suo lavoro che quasi non aveva parole per rispondere. Dopo un attimo però si affrettò a dire:- Piacere di conoscerti Bledo! Vedo che sei molto impegnato, potresti illustrarmi cosa stai facendo? Mio padre sarà davvero molto curioso di conoscere le vostre tecniche di forgiatura.- Bledo posò immediatamente gli attrezzi e incalzato dal suo Dominus si prodigò in una lunga spiegazione molto dettagliata su tutte le armi che produceva nella sua forgia. Matteo era al settimo cielo, e iniziò a ringraziarlo in tutti i modi possibili. Bledo inorgoglito dai tanti complimenti ricevuti volle regalargli la punta di freccia che stava costruendo. – Grazie Bledo per questo dono, lo custodirò gelosamente nella mia tasca fino al mio ritorno a casa. –
Razo e Matteo si congedarono e proseguirono la loro visita. Improvvisamente grossi nuvoloni gialli ricoprirono il cielo che si tinse di rosso. Nessuno sembrava averci fatto caso se non Matteo. Iniziò a piovere, prima piano e poi sempre con maggiore intensità. Approfittando di un attimo di distrazione di Razo, Matteo corse dentro alla capanna più isolata del villaggio e si rannicchiò in un angolo. Sapeva quello che stava accedendo. Era arrivato il momento di tornare a casa, nel XXI secolo. Il temporale era sempre più forte, adesso non doveva far altro che chiudere gli occhi.
Improvvisamente il temporale passò e la pioggia cessò di battere sul tetto di paglia. Matteo si mise la mano destra in tasca e sentì qualcosa di freddo e duro: era la punta di freccia regalatagli da Bledo! Tenendola stratta nella mano uscì dalla capanna. Fuori non c’erano più Bledo, Garipaldo, Ermetrude e tutti gli altri abitanti del villaggio, ma i suoi genitori e tutti i loro compagni di visita. Matteo era felicissimo, finalmente poteva riabbracciare la sua mamma. Marco stava continuando la sua spiegazione e tutti gli archeologi erano a lavoro.
Niente sembrava cambiato. Ma in cuor suo Matteo sapeva che qualcosa dentro di lui era cambiato per sempre, in fondo aveva appena vissuto l’avventura più leggendaria della sua vita.
Commenti
Posta un commento