Monte Imperiale


 Monte Imperiale

Arrigo VII a Poggibonsi e fondazione di Monte Imperiale (1313)

Distrutto Poggio Bonizio i suoi abitanti si erano rifugiati a valle e il borgo era passato sotto la giurisdizione di Firenze. Da una parte c’erano i colligiani e i sangimignanesi che premevano per la spartizione dei territori del  comune di Poggio Bonizio, dall’altra Carlo d’Angiò che assetato di potere non voleva un’ulteriore espansione di Firenze, di cui Colle e San Gimignano erano alleati.

Nel 1273 in viaggio per il concilio di Lione, insieme a Baldovino II di Costantinopoli e Carlo d’Angiò, Papa Gregorio X passò per Poggibonsi. Il papa si interessò del paese e con la sua mediazione convinse Carlo d’Angiò a perdonare i poggibonsesi e a concedere di nuovo loro i poteri comunali. Inoltre il pontefice durante questa visita autorizzò la venerazione di San Lucchese, ancora oggi patrono della città.

Un’altra grande svolta avvenne nel 1308, in quella data, infatti, fu eletto re dei Romani Enrico di Lussemburgo che decise, in accordo con il Papa, di recarsi a Roma per farsi incoronare Imperatore del Sacro Romano Impero. La sua discesa in Italia iniziò nel 1310 con l’intento di restaurare l’autorità imperiale in tutti i territori che attraversava. Finalmente fu incoronato a Roma nel 1312, ma l’opposizione guelfa capitanata da Roberto di Napoli e da Firenze, lo costrinse a tornare ben presto in Toscana, dove tentò di assediare la stessa Firenze, ma a causa di un esercito non sufficientemente preparato dovette desistere. Le antiche lotte tra guelfi e ghibellini toscani improvvisamente si riaccesero e i poggibonsesi accorsero alla corte del nuovo imperatore. Non riuscendo a conquistare Firenze l’imperatore prima si ritirò a San Casciano, ma i contrattacchi fiorentini lo raggiunsero e lo costrinsero a retrocedere fino a Poggibonsi. I fiorentini non fidandosi dei poggibonsesi avevano acquartierato alcune milizie a Poggibonsi, ma il popolo alla vista dell’Imperatore riuscì a cacciarli. Il 6 gennaio 1313 “l’imperatore, circondato dai suoi principi e cavalieri, faceva ingresso in Poggibonsi dalla porta di Santa Maria Assunta, detta poi delle Chiavi, perché in quella circostanza i rettori della nostra Comunità facevano omaggio ad Enrico delle chiavi della nostra fortezza.”

La posa della prima pietra; ricostruzione ispirata alla
miniatura del Codice di Baluino di Coblenza
in Poggio Imperiale a Poggibonsi

Memore delle antiche glorie di Poggibonizio e conscio della posizione strategica della fortezza, l’imperatore volle ricostruire l’antico castello.  Per prima cosa si definì il nuovo tracciato delle mura, che in parte coincideva con le antiche fortificazioni; successivamente si avviò la ricostruzione delle case, così che la popolazione potesse tornare ad abitare la collina. “I livelli rilevati indicano che molte delle strutture relative a Poggio Bonizio erano ancora ben visibili nel 1313 e Arrigo progettò meticolosamente la nuova città di Monte Imperiale tenendone conto; intendeva sicuramente riusare la possente cinta muraria superstite e realizzò un esteso sistema di fognature che sembra attraversare la collina con regolarità.” L’imperatore ribattezzò la collina Poggio (o Monte) Imperiale, nome che ancora oggi le è associato.

I guelfi fiorentini, alleati con i napoletani cercarono di attaccare la fortezza, durante tutto il 1313, ma senza successo. La morte di Arrigo VII nell’agosto 1313 tuttavia mutò gli equilibri in Toscana, specie per la parte ghibellina. Di conseguenza, morto l’imperatore e con lui la sua idea di rinnovamento imperiale, fu interrotta la costruzione della città. I fiorentini cercarono di sfruttare il momento favorevole e attaccarono di nuovo Poggio Imperiale. I poggibonsesi, nonostante la morte di Arrigo VII non lasciasse più speranze ai ghibellini, resistettero con grande valore e, spinti dalla fame, inviarono ambascerie al re Roberto di Napoli, alleato di Firenze, per trattare la resa in termini onorevoli. Il re, come sperato dai poggibonsesi, si mostrò magnanimo, e obbligò i fiorentini a non commettere rappresaglie sui poggibonsesi. La libertà poggibonsese, tuttavia, finì e il Comune fu assoggettato al dominio diretto di Firenze, che durò fino all’Unità d’Italia del 1861. Gli edifici di Poggio Imperiale, persa la loro funzione strategica, servirono come cava di materiale da costruzione per la città di Poggibonsi, come testimoniano alcune norme del 1338.

La congiura dei Pazzi (1478)

L’imperatore Arrigo VII morì nel 1313 e con lui il sogno di restaurazione Imperiale. I lavori sulla collina di Poggio Imperiale si interruppero bruscamente e l’edificazione della grande fortezza fu sospesa e l’intera popolazione si trasferì a valle, a Poggibonsi. Il borgo restava ormai saldamente sotto il controllo di Firenze, anche se le continue guerre tra i vari principati italiani continuarono incessantemente e la popolazione continuava a subire devastazioni e scorrerie.

Questo stato di guerra perenne continuò fino al 1454, anno della pace di Lodi. Con questo trattato i principali stati italiani, tra cui Firenze, trovarono un accordo per mettere fine alle continue guerre.

Nel capoluogo toscano, a partire dal 1434, il

governo della città era nelle mani della famiglia Medici. Da un punto di vista ufficiale i Medici non erano direttamente coinvolti nel governo, ma attraverso accordi segreti e uomini di fiducia nei posti chiave, controllavano di fatto la città, tanto che fu definita cripto signoria.

Questo stato di pace perdurò fino al 1478. In quell’anno la potente famiglia fiorentina dei Pazzi, con il supporto del papa Sisto IV e del Regno di Napoli, ordì una congiura contro la famiglia dei Medici. “Il 26 aprile di quell’anno, Giuliano e Lorenzo [dei Medici], che assistevano nel Duomo ad un rito religioso furono assaliti dai loro nemici e, fra un tumulto indescrivibile, fu ucciso Giuliano e leggermente ferito Lorenzo.” I risvolti furono importanti, sia in città, che in tutta Italia: Lorenzo represse nel sangue la congiura, sterminando la famiglia Pazzi e i congiurati ad essa collegata. Tra questi era presente anche l’Arcivescovo Salviati (di Pisa), la cui morte per mano del Magnifico provocò la reazione di Papa Sisto IV che lanciò l’interdetto su Firenze. L’inevitabile conseguenza di questa crisi tra i Medici e il papato fu la guerra, che vide schierarsi insieme al papa il Re di Napoli, mentre il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia con Firenze.

Questa guerra, di portata nazionale, interessò anche la Toscana e in particolare il piccolo borgo di Poggibonsi. “L’esercito pontificio-aragonese al quale si erano riunite le truppe del Duca di Urbino e le forze senesi, sfruttando l’alleanza con la Repubblica di Siena, nella seconda metà di agosto poté avanzare rapidamente nel chianti e conquistare i castelli di Rencine, Radda e Castellina, caposaldo fiorentino in questa zona, obbligando le milizie fiorentine a ritirarsi in Val d’ Elsa sul Poggio Imperiale, «sito fortissimo», che avrebbe potuto essere «un freno agli inimici».”

Ancora una volta Poggio Imperiale, dopo alcuni anni di oblio, tornava ad essere al centro delle vicende guerre e si attestava come una delle più potenti e inespugnabili fortezze fiorentine. L’anno successivo (1479) tuttavia, il Duca di Calabria, comandante dell’esercito napoletano assaltò la fortezza e le truppe fiorentine si dettero a ignominiosa fuga. Fu quindi un atto di codardia dei capitani dell’esercito fiorentino, e non lo scarso valore dei poggibonsesi, che consentì alle truppe napoletane di conquistare Poggio Imperiale.

   Inizio della costruzione di Poggio Imperiale (1488)

Nel 1481 fu stipulata la pace tra Firenze e il Papa, in cui si stabilì che le fortezze valdelsane, tra cui Poggibonsi, tornassero a far parte del territorio Fiorentino. Lorenzo il Magnifico, conscio della posizione strategica della collina di Poggio Imperiale, decide di erigere sulla sua sommità una grandiosa e modernissima fortezza.

Rispetto all’epoca di Poggio Bonizio (XII-XIII secolo) l’arte della guerra era assai cambiata: “La sostituzione degli strumenti bellici da lancio medioevali (catapulte, mangani, baliste petriere), con l’artiglieria [rinascimentale] (bombarde, passavolanti, colubrine), sovvertì, nell’arco di diversi decenni, le usuali tecniche difensive. Dal lancio parabolico dei proietti di pietra si passò al tiro sempre più teso e penetrante dei proietti di ferro, dalle balestre si passò agli archibugi.” In conseguenza a questo mutamento delle armi offensive si ebbe anche un cambiamento nelle fortificazioni difensive. Le mura, in epoca medioevale altissime e dritte, si abbassarono e divennero di forma inclinata con grandi terrapieni posteriori di rinforzo per contrastare al meglio il tiro dei cannoni. Anche le torri cambiarono la loro forma: da quadrate o rotonde divennero poligonali per avere maggiore visibilità e capacità di fuoco contro il nemico che si avvicinava alla fortezza. Questo rispondeva a una mutata esigenza difensiva, poiché si riteneva che il nemico andasse attaccato prima che si avvicinasse troppo alle mura, e non una volta giunto in prossimità.

Il 20 settembre 1488 il Consiglio Maggiore Fiorentino deliberò, all’interno di un vasto piano di rafforzamento dei confini, la costruzione della fortezza a Poggio Imperiale. Secondo Nicolò Machiavelli fu lo stesso Lorenzo de’ Medici a voler edificare questa fortificazione per difendere il confine con Siena. Questo perché nonostante la pace di Lodi, le tensioni tra gli stati italiani erano sempre forti, e le ostilità tra Siena e Firenze non si erano mai del tutto sopite. Le operazioni furono direttamente seguite da Lorenzo de’ Medici che mise a direzione dei lavori solo persone di massima fiducia. Nel progetto del Magnifico oltre alla fortezza, era prevista la costruzione di una città al suo interno, che potesse ospitare tutti i cittadini e non solo le milizie. “Il nuovo insediamento avrebbe dovuto costituire un modello di perfezione, una città esemplare, quando fossero state «perfezionate le sue leggi e finite le sue fabbriche», cioè quando le sue architetture, il suo ordine urbano e la sua conformazione fisica avrebbero perfettamente corrisposto alla sua struttura politica, dando luogo a quella corrispondenza fra politica e urbanistica che, da tempo, andavano sostenendo parallelamente sia «politici», come il Salutati e il Bruni, sia teorici dell’architettura, quali l’Alberti e il Martini.” Poggio Imperiale doveva dunque divenire il modello di città fortificata ideale nel Rinascimento, massima espressione della potenza militare e intellettuale dei Medici.

Ma chi progettò questa grandiosa fortezza? Secondo il Vasari, che scrisse circa 60 anni dopo queste vicende, fu lo stesso Lorenzo il Magnifico, con la collaborazione di Giuliano da Sangallo, a progettare in prima persona la fortezza. Anche Lorenzo, come tutti i grandi umanisti dell’epoca, si interessò a molte discipline diverse, tra cui l’architettura, e proprio per questo seguì direttamente la costruzione della fortezza. Questo tuttavia era abbastanza insolito, perché solitamente i principi si affidavano completamente agli architetti, lasciandogli fare tutto il lavoro. Il Sangallo invece, grandissimo ingegnere militare, collaborò con il Magnifico soprattutto per quanto riguarda i calcoli matematici e balistici. 

La fortezza di Poggio Imperiale era stata pensata per sfruttare a proprio vantaggio la morfologia della collina, che già dal V secolo era nota per la sua posizione strategica. Il progetto originario di Poggio Imperiale prevedeva una città fortificata, costruita sopra la vecchia Poggiobonizzo e protetta da imponenti e moderne mura, e sul punto più alto della collina il Cassero (o cittadella), come estrema difesa. Allo stato attuale possiamo vedere solo una parte delle mura cittadine perché i lavori furono interrotti nel 1513. Per lo stesso motivo la città all’interno delle mura non fu mai costruita. L’unico elemento portato a compimento, seppur non totalmente, è il Cassero costruito tra il 1505 e il 1513.

“E’ evidente che, per poter realizzare una città all’interno della cinta muraria, fu utilizzato il perimetro più ampio possibile della corona del colle, tagliando e modificando il terreno e il banco di roccia stratificata solo lo stretto necessario per ottenere la configurazione di cavalieri, pseudo-bastioni e rientranze della cortina, in modo da attuare oltre alla difesa frontale, il fiancheggiamento delle muraglie.” La conformazione della collina fu sfruttata anche per la costruzione delle mura, poiché queste poggiavano direttamente sulle rocce, e di conseguenza non fu necessario costruire un terrapieno. Sopra di esse erano previsti dei parapetti di coronamento ma allo stato attuale non sono presenti in quanto furono asportati dalla popolazione per ricavarne materiale da costruzione. Per la costruzione della fortezza fu impiegato, come principale materiale, il mattone e solo per alcuni particolari decorativi fu utilizzato il travertino, conferendo così alla struttura un aspetto assai omogeneo e ben definito.

Ipotesi ricostruttiva della Fortezza Medicea
in Poggio Imperiale a Poggibonsi

Lungo le mura di cinta si aprivano quattro porte: la porta del Giglio, rivolta verso Firenze; della Fonte, detta così perché sovrasta la Fonte delle Fate; di San Francesco, poiché posta nella direzione della Basilica di San Lucchese; di Calcinaia, rivolta vero Siena. “Presentano tutte la stessa tipologia costruttiva. Sono completamente realizzate in pietra, con conci squadrati, e sono costituite da doppie aperture di accesso, una esterna ed una interna, con al centro una camera di passaggio che serve da ulteriore difesa della stessa struttura e, nel caso della porta di S. Francesco, anche da accesso ai camminamenti di collegamento delle casematte degli elementi bastioniformi vicini”. La costruzione delle mura iniziò dal lato sud-ovest, quello rivolto verso Siena e, per via dell’orografia più favorevole, facilmente scalabile. Il lato nord, invece, si presentava più scosceso e di difficile accesso, e pertanto su di esso non si iniziò neppure a costruire. Dagli attuali resti, quindi, si può dedurre che la città sarebbe stata costruita solo dopo il completamento delle fortificazioni, poiché all’interno delle mura non sono stati trovati reperti riconducibili ad abitazioni.

Sulla sommità della collina, rivolto verso sud-est, si erge il Cassero, struttura poligonale pensata come estrema difesa in caso di attacco. La forma di questa struttura si rifà ad un disegno di Francesco di Giorgio Martini, che rappresenta la fortezza come un uomo che regge sulla propria testa una torre. Osservando il Cassero dall’alto (vista aerea) si può facilmente vedere questa corrispondenza. E’ proprio in questa costruzione che trovano massima espressione le teorie umanistiche e l’architettura difensiva rinascimentale.

   Cacciata dei Medici e fasi alterne nella costruzione (1494-1505)

Dopo la guerra del 1478-81, scatenata dalla Congiura dei Pazzi, la pace tornò di nuovo in Italia e a Poggibonsi. Questa condizione fu resa possibile dall’abilità diplomatica di Lorenzo il Magnifico, che riuscì sempre ad evitare nuovi conflitti tra i principati italiani. La situazione tuttavia iniziò a degenerare con la morte di Lorenzo nel 1492 quando si aprì una nuova serie di guerre. Nel 1494 il duca di Milano Ludovico Sforza chiamò, per combattere contro Napoli, il re di Francia Carlo VIII, che scese in Italia con un forte esercito, causando distruzione ovunque.

La discesa di Carlo VIII provocò anche un grosso cambiamento nella politica fiorentina. Piero dei Medici, figlio di Lorenzo, spaventato dalle devastazioni compiute dai francesi, cedette al re di

Francia alcune fortezze, tra cui Pisa. La popolazione di Firenze, indignata per il comportamento vile di Piero, si ribellò e cacciò la famiglia Medici dalla città, restaurando l’antica Repubblica. Esponente di spicco di quest’ultima fu il frate Girolamo Savonarola, noto per le sue prediche violentissime contro la corruzione e la vanità dei costumi. Durante il viaggio di ritorno in Francia, nel 1495, Carlo VIII passò di nuovo per la Toscana e proprio a Poggibonsi si incontrò con Savonarola, ambasciatore della Repubblica Fiorentina. Il frate, infatti, era stato incaricato di incontrare il re di Francia per chiedergli la restituzione delle fortezze, di non passare nuovamente da Firenze e di porre un freno ai saccheggi delle truppe francesi nei territori italiani. “L’incontro avvenne nel convento dei PP. Agostiniani di Poggibonsi. Carlo VIII che era al termine del desinare, quando seppe dell’arrivo del Savonarola, per il rispetto che aveva verso di lui, si alzò subito da mensa e gli andò festosamente incontro. Ebbero tra loro un colloquio che si protrasse per più di un’ora. La seconda che l’austero domenicano parlò al re (e forse nel giorno seguente) fu nella chiesa di S. Lorenzo, ai piedi dello storico Crocifisso. Fu allora che il Savonarola, in aiuto della sua eloquenza chiamò anche gli argomenti celesti ed ebbe la promessa della restituzione delle fortezze. Nel terzo colloquio tra il frate e il re, Carlo VIII accondiscese di non ripassare da Firenze e pregò il Savonarola di accompagnarlo sino a Castelfiorentino, al che fra Girolamo accondiscese per ricontraccambiare in qualche modo la benevolenza dimostratagli da quel monarca”. 

La morte di Lorenzo il Magnifico e la cacciata dei Medici rallentarono la costruzione di Poggio Imperiale, poiché era venuto a mancare il principale ideatore dell’opera. Durante questi anni (1488 - 1494) la costruzione andò a rilento e le strutture erano assai inadeguate alla difesa, tanto che l’unica struttura difensiva adeguata era la Badia di San Lucchese, posta sulla collina di fronte alla fortezza. I mutamenti politici e le guerre del periodo 1494-1495 avevano interrotto completamente i lavori della nuova fortezza, tanto che la popolazione di Poggibonsi aveva saccheggiato, prendendo qualsiasi tipo di materiale, il cantiere, lasciato incustodito dai fiorentini. Il governo di Firenze, venuto a conoscenza della situazione, cercò in ogni modo di fermare il furto di questi materiali, senza tuttavia mai riuscirci completamente.

Sul finire del 1496, riorganizzati gli Uffici cittadini dopo la cacciata dei Medici e dei loro sostenitori, il governo di Firenze deliberò la ripresa dei lavori della fortezza di Poggio Imperiale e fu nominato capomastro Antonio da Sangallo, fratello di Giuliano.

I lavori, sotto la guida di Antonio fino alla fine del 1497, ricominciarono, ma la grave situazione economica della Repubblica non consentì una ripresa totale delle attività, che in questo periodo, pertanto, furono assai lente e poco incisive. “Dal contenuto della scarsa documentazione rinvenuta dal 1499 al 1505, è ipotizzabile che i lavori eseguiti in questo periodo si limitassero a poche cose necessarie: al perfezionamento delle «muraglie» già realizzare e al completamento delle camere interne di fucileria e dei camminamenti di collegamento, nonché al mantenimento delle attrezzature del cantiere”.


  La costruzione del Cassero (1505-1510)

Gli anni tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo furono molto difficili per Firenze, che guidata dal gonfaloniere Piero Soderini e dal cancelliere Niccolò Machiavelli, cercò di barcamenarsi, a volte con l’astuzia altre con la forza, tra le molteplici e complesse vicende che interessarono questo periodo storico. Firenze, alleata dei francesi di re Luigi XII, dovette affrontare sia i nemici esterni (Cesare Borgia) che interni (rivolte a Pistoia e Arezzo). Solo con la morte di Papa Alessandro VI (1503) la guerra tra Francia e Spagna in Italia si placò e Firenze ne approfittò per sistemare la situazione sul fronte interno e conquistare in modo definitivo Pisa nel 1509.

Tutti questi avvenimenti spinsero la Repubblica Fiorentina a intraprendere una serie di azioni volte a migliorare le difese e, tra queste, ci fu anche la ripresa dei lavori a Poggio Imperiale (1505). Le poche risorse economiche e le minacce provenienti dal confine con Siena spinsero i magistrati fiorentini ad optare per la costruzione di una cittadella fortificata, più piccola e di conseguenza più economica. “La costruzione della cittadella, realizzabile in pochi anni e con costi circoscritti, sarebbe stata, inoltre, più funzionale anche al nuovo ruolo dell’esercito fiorentino. Questo non vuol dire, però, che il progetto voluto dal principe Mediceo di fondare sul Poggio Imperiale una vera e propria città fortificata, anziché una rocca o un fortilizio, a caposaldo dei confini verso Siena, fosse decaduto”.

I lavori per la costruzione della cittadella iniziarono nell’estate 1505, per terminare nell’agosto 1510. Secondo il Vasari, fu Antonio da Sangallo, che era stato nominato nel 1504 sovrintendente dei lavori per le fortificazioni fiorentine, ad occuparsi della progettazione e della costruzione del Cassero di Poggio Imperiale. Essendo il Sangallo spesso assente dal cantiere, durante la direzione dei lavori, dal 1506 al 1507, fu coadiuvato, con il ruolo di «capomaestro de la muraglia», da Lorenzo da Monteacuto. A partire dal 1507, inoltre, alla manodopera locale vennero affiancati prigionieri pisani. “Parte di questi alloggiavano dentro le mura di Poggibonsi, gli altri venivano accantonati nei nuovi fabbricati militari dentro la fortezza. […] Ma le diserzioni erano frequenti. Nel tramestio di tanti e svariati lavori, col contatto che avevano con migliaia di liberi operai, era facile sottrarsi alla vigilanza delle guardie e prendere fuga”.

Tutti questi fattori non facevano altro che rallentare le attività di cantiere, tanto che nell’estate 1508 non erano ancora state terminate le mura esterne del Cassero sul lato rivolto verso Siena. Piero Soderini, inoltre, temeva una cattiva gestione delle risorse economiche destinate alla costruzione della rocca, poiché quel denaro era stato ottenuto grazie ai prestiti di alcune famiglie aristocratiche che così cercavano di condizionare la politica del Gonfaloniere. Per velocizzare i lavori e controllare le spese, nel 1508 Antonio da Sangallo fu inviato dal governo a Poggio Imperiale a sovrintendere in prima persona ai lavori. Nonostante questi interventi, tuttavia, i progressi nella costruzione furono minimi per il Gonfaloniere. Inoltre, diventava necessario finire l’opera per alleggerire così le ormai esauste finanze fiorentine.

Il Cassero fu completato nell’agosto 1510 e subito vi furono inviate delle truppe, al comando di Giovanni Rodesco. Nel frattempo era scoppiata una nuova guerra tra il papa Giulio II e i francesi, alleati dei fiorentini. Il principale nemico di Firenze nella zona, tuttavia, era il senese Pandolfo Petrucci, abilissimo sia in guerra che nelle manovre diplomatiche, tanto che era riuscito a portare dalla sua parte il signore di Perugia Giampaolo Baglioni.

La nuova cittadella, nonostante le travagliate vicende della sua costruzione, sortì l’effetto di rendere più tranquillo il Gonfaloniere Soderini nei confronti delle minacce provenienti dalla vicina Siena.
Ipotesi ricostruttiva del cantiere per l’edificazione del Cassero della Fortezza Medicea
in Poggio Imperiale a Poggibonsi

Spaccato ricostruttivo del Cassero della Fortezza Medicea
in Poggio Imperiale a Poggibonsi

Il ritorno dei Medici e la visita di Carlo V a Poggibonsi (1530-1536)

Con la sconfitta della Francia nel 1512 mutarono anche le sorti di Firenze. La Repubblica instauratasi nel 1494 fu soppressa e il potere tornò nelle mani della famiglia dei Medici. Questi, tuttavia, ressero il governo non per meriti propri ma per la presenza a Roma di ben due papi, Leone X e Clemente VII, appartenenti alla loro casata. Le altre grandi famiglie aristocratiche fiorentine erano sempre pronte ad insorgere per riformare la Repubblica.

L’occasione per questa sommossa fu data dal sacco di Roma, operato dai mercenari tedeschi al soldo dell’imperatore Carlo V nel 1527. “Questa notizia, arrivata in Firenze l’11 di Maggio, mosse i più ragguardevoli cittadini, tra i quali Niccolò Capponi e Filippo Strozzi, a presentarsi al cardinale di Cortona, Silvio Passerini, tutore in nome del papa dei giovani Ippolito ed Alessandro de’ Medici, perché restituisse pacificamente la libertà ai fiorentini. Il Passerini […] lasciò la città con tutti i suoi protetti”. La nuova Repubblica, conscia della sua debolezza militare, strinse un’alleanza con la Francia, l’Inghilterra, Venezia e Ferrara in funzione anti imperiale.  Vista la situazione italiana, il papa decise di riappacificarsi con l’imperatore , con cui sottoscrisse il trattato di Barcellona. Tra le varie clausole del trattato, una di esse prevedeva il ritorno, con l’aiuto imperiale, dei Medici a Firenze. Questo accordo fu suggellato anche con il matrimonio di Margherita, figlia di Carlo V, con Alessandro de’ Medici.

A seguito di ciò, la Toscana fu di nuovo teatro di guerra ed in particolare la Valdelsa. Le truppe imperiali, al comando di Fabrizio Maramaldo, attaccarono Firenze da sud compiendo molte razzie e devastazioni nel territorio valdelsano. Insieme a Maramaldo combatteva, al comando di una banda di fanteria senese, Alfonso Piccolomini, duca di Amalfi, che nel 1529 conquistò Colle Val d’Elsa. “Poi colle sue schiere e con alcuni commissari dei Medici si portava a Poggibonsi ed a Poggio Imperiale e facilmente gli riesciva d’intendersi con quei presidi, che senza resistenza, ma quasi fraternamente gli aprirono le porte”. Poggio Imperiale, quindi, cadde ancora una volta per le macchinazioni politiche invece che per il valore degli attaccanti.

Firenze fu assediata (1530) e lo scontro decisivo si combatté presso Gavinana. Le truppe fiorentine, comandate da Francesco Ferrucci, morto in battaglia, combatterono con grandissimo valore ma la vittoria fu lo stesso ad appannaggio degli imperiali. In seguito, Alessandro dei Medici divenne quindi signore della città e nel 1532 ottenne il titolo di Duca. Il nuovo Duca, tuttavia, memore dell’ubbidienza mostrata da Poggibonsi nell’ultima guerra e viste le terribili condizioni in cui versava il Comune dopo le numerose razzie dei vari eserciti, nel 1534 concesse alla città valdelsana alcune agevolazioni fiscali, che rimasero in vigore per molti secoli.

Questa vicinanza tra ducato dei Medici e Impero fu foriera per Poggibonsi anche di gioie. Ritornando da Tunisi, dove aveva fatto guerra ai Turchi e diretto a Firenze, dove si stava celebrando il matrimonio tra la figlia Margherita e Alessandro dei Medici, Carlo V ebbe modo di fermarsi a Poggibonsi. In attesa che a Firenze si allestissero i festeggiamenti per il matrimonio, l’imperatore, su invito di Alessandro Del Bene, si fermò per tre giorni, alla fine di aprile 1536, presso la Villa di Montelonti, posta su una collina poco fuori dalle mura di Poggio Imperiale. L’imperatore fu accolto molto calorosamente dalla popolazione e tutte le città vicine inviarono ambasciatori in Poggibonsi per porgere il loro saluto ad un così importante personaggio. La stessa villa, inoltre, due anni dopo ospitò un altro illustre personaggio: Papa Paolo III. Il pontefice era in viaggio da Roma verso Nizza, dove avrebbe presieduto alla pace tra Carlo V e Francesco I, e si fermò, su invito di Alessandro Del Bene, a Poggibonsi. Al Papa fu offerto un lauto banchetto, in cui fu servita abbondante Vernaccia di San Gimignano, che il pontefice apprezzò molto. Nella stessa occasione, il papa confermò al popolo di San Gimignano il culto e la venerazione per Santa Fina, ancora oggi patrona della città.

    La fine delle guerre tra Firenze e Siena (1550-1559)

Dopo i tumultuosi eventi degli anni 1527-1530, la situazione in Valdelsa, contesa tra Siena e Firenze, sembrava essersi finalmente stabilizzata. Il sistema di fortificazioni fiorentine posto sul confine meridionale, tra cui la fortezza di Poggio Imperiale, svolse molto bene la sua funzione di deterrente contro il nemico. Nel 1539, dopo la presa del potere, il nuovo Duca Cosimo I ordinò un censimento delle fortificazioni del ducato, allo scopo di verificarne le condizioni. Nell’ottobre 1539 Bernardino da Pescia, inviato ducale, visitò la fortezza di Poggio Imperiale, trovandola in pessime condizioni, tanto che scrisse a Cosimo che “in questa fortezza non c’è alcuna sorte di munizioni, né vettovaglie e che sarebbe bene far rassettare quelle artiglierie”. Pur trovandosi in una posizione strategica, la fortezza era dunque mal rifornita e in pessime condizioni, ma nonostante ciò riusciva lo stesso ad essere un forte deterrente psicologico per i senesi. Sempre nell’ottica di rafforzare il confine con Siena, tra il 1546 e il 1547 Cosimo I incaricò Giovan Battista Belluzzi di fare un accurato rilievo della fortezza ed è proprio grazie a quest’opera che possiamo vedere nel dettaglio lo stato della fortezza alla metà del XVI secolo.

Negli anni successivi al ritorno dei Medici, gran parte dell’Italia era controllata, direttamente o indirettamente, dall’impero di Carlo V. “Gli imperiali, alleati dei Medici, avevano posto un presidio militare in Siena (1550), ma avevano esteso il proprio controllo in quello stato, suscitando il malcontento e la reazione degli insofferenti senesi”. Questo avvenimento fu l’occasione per Firenze, dopo secoli di contese, per eliminare definitivamente la storica rivale. Cosimo I, in vista di una guerra ormai imminente, memore della storica fedeltà dei poggibonsesi a Siena durante il Medioevo e per evitare che la città diventasse un pericoloso avamposto senese nel cuore del territorio fiorentino, ordinò la distruzione delle mura della città valdelsana, lasciandola così indifesa e alla mercé delle scorrerie degli eserciti di passaggio.

Nel 1552, ormai stanchi dei soprusi imperiali, i senesi si ribellarono cacciandoli dalla città e, una volta riacquistata la piena indipendenza, si rivolsero alla Francia per ottenere aiuto economico e militare. Carlo V, furioso, ordinò al Viceré di Napoli di attaccare Siena ma le truppe imperiali furono costrette a ritirarsi sotto gli attacchi delle truppe senesi e francesi comandate dal fuoriuscito fiorentino Piero Strozzi. Cosimo, spaventato dalla possibilità che Siena, sotto la guida dello Strozzi, potesse espandersi a danno di Firenze, decise, vista anche l’alleanza con la Spagna, di muovere guerra ai senesi. Le armate fiorentine si divisero in tre parti: una a sud, con l’obiettivo di conquistare Grosseto e la Maremma; una a Sud-Est, per attaccare Pienza e Montalcino; la terza a Nord, nella zona della Valdelsa. Le truppe schierate in questa zona, formate per gran parte da mercenari e comandate da Gian Giacomo Medici, marchese di Marignano, si radunarono nel 1554 a Poggibonsi. Il passaggio di questo grande esercito fu motivo di grave disgrazia per i poggibonsesi, poiché i soldati compirono numerose devastazioni e requisirono alla popolazione un gran numero di vettovaglie, lasciando così la città in uno stato assai misero. La fortezza di Poggio Imperiale, invece, servì soltanto come deposito di materiale e di vettovaglie per l’esercito.

L’attacco fu sferrato il 29 gennaio 1554, quando, dopo una marcia notturna, le truppe del Marignano assaltarono il bastione di Porta Camollia. Avendo, grazie all’aiuto spagnolo, un gran numero di truppe, Gian Giacomo Medici strinse d’assedio Siena e allo stesso tempo inviò dei distaccamenti a razziare i territori circostanti e assalire, con grandi spargimenti di sangue, i vari castelli senesi. Le truppe a difesa della città però si difesero con grande valore e Piero Strozzi, per alleggerire la pressione su Siena e minacciare Firenze, compì una spedizione in Val di Nievole ma fu costretto a desistere per il mancato aiuto dei francesi. Conscio della sua inferiorità numerica, il comandante senese cercò il più a lungo possibile di evitare la battaglia campale, ma alla lunga il suo onore militare prevalse. La battaglia decisiva fu combattuta il 2 agosto 1554 a Scannagallo, in Val di Chiana e si risolse in una sconfitta senese e lo stesso Strozzi fu costretto a fuggire. Questa sconfitta fu la fine delle speranze senesi e la città di Siena, dopo un lungo assedio, si arrese per fame il 2 aprile 1555. Una parte dei senesi però riuscì a fuggire e a rifugiarsi a Montalcino, dove resistette con tenacia e valore fino al 1559. Dopo quattro secoli di guerre continue, Firenze riuscì quindi a sottomettere in modo definitivo Siena, allargando enormemente il suo territorio. Il nuovo assetto toscano fu deciso nel 1557, quando Filippo II di Spagna “riceveva, sotto certe condizioni, l’investitura dello stato di Siena, ad eccezione delle piazze e dei porti di Orbetello, Talamone, Pontercole, Santo Stefano, e le dipendenze del Monte Argentario, i quali paesi formarono un piccolo stato detto dei Presidi, dipendente dalla Spagna”.

Con la conquista di Siena, i confini dello stato Mediceo si spostarono verso sud e, di conseguenza, le fortificazioni erette contro Siena, tra cui Poggio Imperiale, persero la loro importanza strategica. I lavori di costruzione della fortezza cessarono ma la cittadella continuò a essere abitata dai comandanti delle milizie fiorentine di stanza nel territorio. Fin dai primi anni del XVII secolo, persa ormai la sua funzione, la fortezza fu disarmata, anche se si hanno notizie di piccoli restauri compiuti nel 1634 e nel 1659. “Nel marzo 1760, durante la Reggenza lorenese, la fortificazione di Poggio Imperiale con tutti i territori da essa dipendenti fu ceduta a livello al Cavaliere Alamanno de Rossi”. Ormai abbandonata a se stessa, la fortezza diventerà area agricola fino ai primi anni del XXI secolo, quando il Comune di Poggibonsi la acquistò e iniziò un accurato restauro che si concluse nel 2015. All’interno della fortezza, sul sito dell’antica Poggio Bonizio, è stato creato recentemente dall’Università di Siena l’Archeodromo, dedicato all’archeologia sperimentale, di cui abbiamo parlato nel capitolo 1.


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