Gli insediamenti in epoca carolingia
Gli insediamenti in epoca carolingia
L’insediamento di case di terra in epoca tardoantica (V – VI sec.)
Le
tracce più antiche di un insediamento sulla collina di Poggio Imperiale risalgono
al V – VI secolo d.C. Questa datazione è stata resa possibile dal ritrovamento
di resti di abitazioni e soprattutto di “accessori di abbigliamento come spilli
fermamantello in bronzo o monili che confermano la cronologia al VI secolo del
contesto”
Gli
scavi archeologici hanno portato alla luce resti di abitazioni a pianta
rettangolare, con muri in terra fondati su zoccoli in pietra e tetto realizzato
in laterizi o in paglia. Gli edifici avevano una metratura di circa 30 mq, erano
costituiti da un unico ambiente, possedevano un’unica porta d’ingresso, le
pareti erano intonacate e il pavimento era realizzato mediante un battuto di
terra. In ogni casa era presente un focolare posto vicino ad una parete.
Dalle ricerche effettuate fino ad oggi sono state rinvenute sulla collina di Poggio Imperiale sei unità abitative che sembrano essere caratterizzate da persone aventi un tenore di vita omogeneo, “le famiglie vivevano in case uguali per dimensioni e tecnica costruttiva e dovevano contare in alcuni casi su un’area ortiva.” Erano presenti anche alcune infrastrutture funzionali, come una grande calcara, un deposito per acqua e una zona per la macellazione degli animali. Queste evidenze portano a supporre che si trattasse di un villaggio di contadini-allevatori.
Modellazione tridimensionale di una delle case in terra del complesso tardo antico in Poggio Imperiale a Poggibonsi |
Il villaggio di età longobarda ( fine VI – VII sec.)
Alcuni
decenni dopo l’abbandono delle case in terracotta, fu edificato un villaggio di
capanne. “Era diviso in nuclei composti da abitazioni dotate di recinti,
steccati e annessi che rappresentavano delle unità di circa 80 mq, distanti tra
i 20 e i 25 m l’una dall’altra e difese naturalmente da un ripido dirupo con
dislivello di quasi 100 m sul lato nord-est del rilievo.”
Le
capanne furono talvolta edificate sui resti delle case di epoca tardoantica ed
erano scavate nel terreno ad una profondità di circa 50 cm. Avevano pianta
circolare ed erano costituite da una struttura lignea rivestita da alzati in
terra, mentre il tetto era realizzato con una “copertura a cono molto alta e
appuntita, che si appoggiava fuori dal circuito.” Lo
spazio abitativo era diviso in due navate da una fila di pali posti al centro e
vi si accedeva da un breve ingresso a scivolo. Talvolta le abitazioni erano
affiancate da piccoli edifici con funzione di rimessa o magazzino.
Dagli
scavi effettuati in loco, sono state rinvenute sei unità abitative ma si
ipotizza che ve ne fossero state molte di più.
In
epoca longobarda, nel villaggio di Poggio Imperiale, non sussisteva alcuna
differenziazione gerarchica tra i suoi abitanti. Ciò si può dedurre
dall’analisi delle unità abitative, delle sepolture e dall’assenza di corredi
funebri.
Dal
punto di vista economico, oltre all’agricoltura, già sviluppata in epoca tardo
antica, gli abitanti del villaggio erano dediti all’allevamento: i bovini
fungevano da forza lavoro e venivano macellati solo quando non erano più abili
ai lavori agricoli; i suini venivano allevati solo per l’alimentazione umana; i
caprini - ovini, invece, erano impiegati anche per la produzione casearia e di
lana.
Il villaggio tra età longobarda ed età carolingia (VIII - inizio IX sec.)
A
partire dall’ VIII secolo, il villaggio di Poggio Imperiale iniziò a subire dei
cambiamenti. “Le trasformazioni riguardano molti aspetti, tra i quali la forma
delle abitazioni, l’urbanistica insediativa, i rapporti sociali ed economici,
le attività produttive.” Dal punto di vista edilizio, le capanne longobarde furono sostituite da tre
nuovi diversi tipi di unità abitative, con pianta circolare o rettangolare.
Al
centro del villaggio è stata rinvenuta una capanna a pianta circolare, del
diametro di circa 8m, con armatura di pali, edificata a livello del suolo; il
tetto era in paglia e di forma conica. La struttura delle capanne, tuttavia,
non era del tutto uniforme. A cambiare rispetto all’età longobarda, fu anche la
struttura del villaggio: “la trama delle abitazioni si fece più fitta e si
accompagnò a un progressivo raggruppamento di sei edifici intorno ad una
piccola corte, in parte cinta da una bassa palizzata o steccato e costeggiata
da una viabilità in terra battuta.” Oltre a capanne abitative, sono stati rinvenuti anche magazzini-deposito,
stalle e altri ricoveri per animali e spazi aperti destinati alle attività
rurali e artigianali.
La
trasformazione principale avvenuta in questo periodo si ha in ambito sociale. Si
passa da una società non gerarchica ad una di tipo curtense, dominata da un actor, che abitava la capanna centrale,
intorno alla quale si sviluppava il villaggio. Tuttavia non sono stati trovati
elementi utili a determinare l’origine sociale e la provenienza di questo
individuo.
La
gerarchizzazione sociale si accompagna anche ad una nuova organizzazione del
lavoro: si viene a creare un villaggio-azienda, una proto-curtis di piccole dimensioni, in cui le attività produttive
vengono coordinate integralmente.
Il villaggio di età longobarda matura.VIII - inizi IX secolo in Poggio Imperiale a Poggibonsi |
Il periodo franco (IX – X sec.)
Nel periodo Franco, tra la metà del IX e il X secolo, giunge a compimento la trasformazione in curtis di Poggio Imperiale: “Una grande azienda rurale, strutturata in un complesso di terre gestite direttamente dal proprietario (dominicum) e altre date in gestione a coloni (massaricium) che avevano anche l’obbligo di prestare delle giornate di lavoro (operae o corvèes) sui territori padronali.
Spaccato della Longhouse in Poggio Imperiale a Poggibonsi |
Anche
le attività economiche subirono un profondo cambiamento: continuarono le
attività agricole e di allevamento già presenti dal VI secolo ma i contadini,
prima indipendenti, adesso sono vincolati all’autorità del padrone. Dai resti
animali trovati si può desumere che gran parte del lavoro agricolo del
territorio padronale fosse svolto tramite corvèe
e i depositi granari testimoniano la presenza di tasse pagate dai coloni e
riscosse dal dominicum in prodotti
agricoli.
Neppure
l’organizzazione sociale fu esente da cambiamenti, poiché ci fu l’affermazione
di un padrone (dominus) attorno a cui
ruotava la comunità. Questa ipotesi è stata resa possibile dall’analisi della
distribuzione della carne: alla famiglia dominante spettavano i tagli migliori,
ai loro dipendenti i tagli di seconda scelta e al resto della popolazione gli
scarti.
Dai
reperti archeologici, inoltre, si può evincere che la struttura economica del
villaggio fosse votata all’autosufficienza e alla bannalità: i contadini e i
pastori del massaricium trovavano
tutto il necessario per i loro lavori presso la casa del dominus.
Apparentemente il villaggio-azienda di Poggio Imperiale fu abbandonato nel corso del X secolo. Allo stato attuale degli scavi, i motivi di ciò restano però ignoti. Si presume che la popolazione si sia trasferita più a valle, nel Borgo di Marturi.
Il museo archeologico all’aperto
Gli scavi archeologici hanno ufficialmente preso il via nel 1993 e si sono protratti fino al 2009 raggiungendo un totale di 46 mesi di lavoro, una rotazione di oltre 100 archeologi impiegati in loco e l’esplorazione di circa 2 ettari di terreno. L’intervento ha subito poi una brusca interruzione fino al 2017, anno in cui sono ripresi con sistematicità i lavori.
Ciò che è stato evidente fin da subito, seppur totalmente inaspettata, è stata la presenza di insediamenti molto antichi sulla collina di Poggio Imperiale. “L’occupazione di lunga durata: ha inizio nei secoli della transizione dalla tarda romanità, prosegue per tutto l’altomedioevo, e dopo un’apparente interruzione, riprende tra metà XII secolo e inizi XIV secolo."
Il progetto Poggio Imperiale seppur relativamente giovane, vanta il primato di primo scavo archeologico gestito interamente in digitale. “E’ infatti l’unico cantiere interamente catastato all’interno di una piattaforma GIS (Geographic Information System o sistema informativo territoriale) relazionata a una articolato sistema di archivi; contiene l’intera memoria dell’intervento dalle indagini preliminari al deposito archeologico, dagli scarichi di terreno derivati dalle operazioni di scavo al progetto di parco; permette inoltre lo sviluppo di nuove tecnologie di interprestazione del record e la progettazione mirata sia dell’ampliamento dello scavo sia della sua musealizzazione.”
Nel settembre 2003 è stato inaugurato il parco con il nome di “Parco Archeologico e Tecnologico, comprendendo l’intera collina di Poggio Imperiale, articolandosi su due poli principale dell’area archeologica e del Cassero, unificati da un sistema di percorsi in collegamento con la Fonte delle Fate.”
Il Parco di Poggio Imperiale è un vero museo archeologico all’aperto, unico nel suo genere. L’archeologo Marco Valenti e i suoi collaboratori hanno fortemente voluto la realizzazione dell’Archeodromo, il primo e unico in Italia, Archeological Open Air Museum dedicato all’Alto Medioevo, realizzato su basi archeologiche proprie. Il progetto prevede la riproduzione in dimensioni reali del villaggio carolingio (fine IX – X secolo) emerso dagli scavi condotti nella zona. L’idea è di ricostruire in maniera fedelissima l’habitat del villaggio carolingio, sia dal punto di vista edilizio (“17 strutture, ripartite in 6 capanne abitative, 1 magazzino elevato su pali, 1 magazzino rettangolare, 1 edificio destinato a macelleria, 1 opificio di fabbro, 2 recinti, 1 corte agricola con letamaio, pali sparsi, tettoie ecc., 1 orto, 1 probabile pollaio, 2 probabili pagliai.”), sia da quello sociale. Gli archeologi, infatti, si immedesimano a pieno negli abitanti del villaggio di IX – X secolo, ognuno con il suo nome, opportunamente tratto da fonti storiche, la sua personalità, il suo lavoro e ruolo sociale. Anche gli abiti che indossano sono stati realizzati con tecniche antiche apprese dallo studio delle fonti. Gli archeologi hanno anche costruito in prima persona gli edifici, cercando di utilizzare il più possibile tecniche del tempo e impiegando materiali reperibili in loco. Nessun dettaglio è stato lasciato al caso.
Il risultato è una vera e propria living history che ha l’obiettivo di comunicare la storia in una maniera nuova e coinvolgente, servendosi della tecnica dello storytelling. Una volta al mese l’Archeodromo, con le sue attività, è aperto al pubblico, così che tutti i cittadini, bambini e anziani, turisti e poggibonsesi, archeologi e non, possano scoprire la storia del territorio, attraverso un’esperienza nuova e coinvolgente.
Le ricostruzioni
Il
team di archeologi, guidati dal Dott. Valenti, ha dato avvio alla ricostruzione
del villaggio carolingio, partendo dal suo edificio principale: la longhouse, cioè l’abitazione del dominus
del villaggio. L’intervento di scavo è iniziato il 30 giugno 2014, ed ha avuto
una durata di circa 3 mesi. Per la sua realizzazione, gli archeologi si sono
attenuti fedelmente a quanto rinvenuto in sede di scavo (buche di palo, tracce
carboniose, buche portanti, buche per pareti divisorie, ecc.) e per la
costruzione sono stati utilizzati materiali autoprodotti, seguendo le tecniche
dell’epoca. Gli addetti ai lavori si sono trovati, quindi, a costruire mattoni
e chiodi e solo in alcuni casi, per motivi di sicurezza, sono stati adoperati
tecniche e materiali moderni.
La
longhouse ha una forma di barca, con un lato seminterrato e l’interno è diviso
in due navate da una fila di pali. Le dimensioni sono di 17 x 8,5 m e occupa
quindi una superficie di circa 144 mq. Internamente è suddivisa in tre
ambienti: zona domestica (8,5 x 6,7 m), zona magazzino (6 x 3,6 m) e zona ad
uso misto (4,7 x 2,2 m).
“L’ambiente
domestico presentava un focolare ricavato su una base quadrangolare di terra
vergine, sormontata da un incastellatura di almeno tre pali. A breve distanza
veniva lavorato il grano, come prova la macinella rinvenuta sul piano di
calpestio”. Dalla parte opposta,
rispetto al focolare, è presente un soppalco destinato a zona notte per la
famiglia del dominus. Sotto di esso,
invece, era allestita una seconda zona notte, più piccola e meno confortevole,
destinata ai bambini e ai servi.
“Una
fila di paletti posti in orizzontale nella zona ovest separava lo spazio
domestico dall’ambiente destinato a magazzino, dove liquidi e derrate
alimentari venivano conservati in contenitori ceramici di grandi dimensioni
alloggiati in buche poco profonde”. Il
grano, invece, era conservato in delle specie di silos cilindrici di diametro 1
m e altezza 1,4 m. Sono state rinvenute, inoltre, tracce di mobilio ma non è
stato possibile determinare con precisione l’uso di questi oggetti. La zona
magazzino era separata dal resto dell’ambiente abitativo da una porta in legno
le cui tracce sono state rinvenute sottoforma di tre piccole buche disposte a
“V”.
“Il
terzo ambiente era disposto sulla parte nord-ovest e ricavato nello spazio
restante tra magazzino e parete perimetrale, leggermente sopraelevato rispetto
alla zona domestica”. Allo
stato attuale delle ricerche non è possibile definire con certezza l’uso di
questa zona, tuttavia è stato rinvenuto un piccolo pozzetto circolare che
potrebbe essere stato utilizzato per la conservazione di alimenti.
La
struttura esterna è formata da uno scheletro di pali di legno, sui cui si
innestano sia gli alzati sia il tetto. I primi sono stati realizzati con una
particolare miscela di acqua, terra, paglia e piccoli sassi e successivamente
rivestiti con uno strato di intonaco realizzato con acqua, sabbia e calce. Il
secondo, a doppio spiovente, è formato da un insieme di fascine di cannucce
legate tra loro con corde di canapa. Esternamente sono presenti un recinto per
animali di piccole dimensioni e, poco più a nord, una buca destinata ai rifiuti
organici.
Archeodromo di Poggibonsi; stato attuale delle ricostruzioni (ottobre 2018) in Poggio Imperiale a Poggibonsi |
Sono
state ricostruite due capanne rettangolari (C1 e C32), il pollaio, il forno da
pane, la forgia e il forno da ceramica. Questi edifici erano caratterizzati “da
un’armatura di pali perimetrali estremamente robusta e da un piano di calpestio
molto scuro con evidenti tracce di frequentazione non domestica”.
Nella moderna ricostruzione del villaggio si è cercato di rispettare nella maniera più fedele possibile la struttura socio-economica del villaggio-azienda di epoca carolingia.
Commenti
Posta un commento